Monfalcone: lavoratori bengalesi, Islam e Fincantieri

Gennaio 2024

 

Monfalcone, oltre 250 bengalesi scendono in piazza per il candidato Sarkar:  «Siamo con lui e vogliamo la verità» - Il Piccolo

 

A Monfalcone c’è stata una grande manifestazione di protesta per il mancato rispetto dei diritti dei musulmani. E pensare che persino nel Corano (Sura di Maryam 19, 16-34) è annunciata la nascita di Gesù… eppure a Monfalcone, 30mila abitanti, da un mese  la sindaca leghista Annamaria Cisint ha fatto chiudere i due centri di preghiera islamici con ordinanza del Comune. E’ un vecchio conto in sospeso con i musulmani bengalesi, preceduto dalle polemiche sul divieto di balneazione vestite alle donne musulmane, dalle polemiche sul digiuno del Ramadan che metterebbe in crisi mense scolastiche e asili nido (!!!), dalla campagna per liberare le donne dal velo… tutto convergente negli allarmi di radicalizzazione e nelle denunce di caporalato presso i cantieri navali di Fincantieri.

Bisogna sapere che a Monfalcone in 7 anni c’è stato un incremento di 2 mila persone e la quota degli immigrati supera il 30%. Sono circa 9.500, di cui 7.000 residenti bengalesi (con relative famiglie), di cui circa 2000 lavorano nei cantieri navali. Questo genera una serie di problematiche che coinvolgono tutti gli ambiti, da quello sanitario a quello del welfare, dalle scuole alle residenze, alla sicurezza e soprattutto al lavoro. Nessuno di questi immigrati fa parte del popolo dei migranti arrivati dal mare con i barconi o via terra attraverso la rotta balcanica. Sono scelti con i flussi migratori, quelli decisi dall’alto di Confindustria.

E allora parliamo di Fincantieri, multinazionale di proprietà pubblica (Cassa Depositi e Prestiti)  leadership nel mercato mondiale. Fincantieri - il cui imperativo è quello di tagliare i costi - possiede e controlla stabilimenti per la produzione di navi sia civili sia militari in diversi paesi (marina degli Stati uniti, Romania, Norvegia, Brasile, Vietnam e Italia con Monfalcone, Marghera, Sestri Ponente e Ancona). Una giungla degli appalti è la fotografia della forza lavoro navalmeccanica perché l’80% del valore di una nave prodotta in Italia è realizzato da ditte esterne, più di 400 negli stabilimenti di Monfalcone e Marghera, con lavori concessi  al ribasso e molte ditte “spremute” .

Il lavoro è taglieggiato nei diritti e nel salario ed è, quasi per regola, lavoro migrante che si regge sulla divisione etnica, su gerarchie che segmentano e frammentano. I lavoratori sono migranti interni dal Mezzogiorno, rumeni, croati, ma i bengalesi sono la maggioranza. Quelli che vengono dal Bangladesh ricoprono le mansioni classificate sotto le tre D (dirty, dangerous, demeaning  jobs). Dopo vent’anni di presenza, gli immigrati bengalesi continuano a fare lavori pesanti (coibentazione, molatura, verniciatura) in spazi ristretti. Sono preferiti perché piccoli di statura ed esili.

Le donne dei bengalesi non lavorano nei cantieri navali, si occupano dei figli e fanno le badanti o piccole attività artigianali. Ma la sindaca inflessibile vuole liberarle dal velo e denuncia l’invasione della piazza centrale, dopo le 18 di sera, da parte di questo colorato mondo islamico… Insomma c’è davvero da capire cosa vuole la sindaca: chiudere Fincantieri? fuori i bengalesi da Monfalcone?  Rimanere umani e rispettare i diritti delle minoranze: altre alternative, direi, non sono date. E sì, magari riorganizzare Fincantieri prima che arrivino i cinesi a fare man bassa…