Proteste per l’Escalation delle violenze di Israele

Luglio 2014

La Rete Internazionale Anti-sionista Ebraica (IJAN) condanna l'escalation israeliana di violenze, così come le minacce di vendetta da parte del governo israeliano e dei cittadini, delle organizzazioni sioniste e di personaggi pubblici. Denunciamo gli Stati occidentali e i media, che sostengono questa brutalità è in qualche modo giustificano una punizione per la morte di tre coloni ebrei della razzista colonia sionista di Gush Etzion nella Cisgiordania palestinese.

Nel giro di pochi giorni, la Striscia di Gaza è stata indiscriminatamente bombardata da aerei da guerra; dall'altro lato oltre 600 palestinesi sono stati fermati e imprigionati, e centinaia di palestinesi sono stati uccisi, tra cui diversi bambini, una madre incinta, senza dimenticare il ragazzo di diciassette anni bruciato, il cui corpo mutilato è stato trovato in un bosco fuori Gerusalemme est. Queste azioni dimostrano il terrorismo di uno stato colonizzatore e razzista. IJAN si trova in solidarietà con il popolo palestinese e difende il diritto di resistere di esso alla violenza del colonialismo e all’apartheid.

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Le radici della crescente violenza a Gaza e in Israele

10/07/2014

 

Rebecca Vilkomerson, direttore esecutivo di Voce Ebraica Per la Pace, sull'occupazione e l'aumento delle vittime.

 

Gli ultimi giorni sono stati devastanti. Le settimane che hanno portato ad essi sono state orribili. Dall'inizio dell'Operazione israeliana di “Protezione Edge”, l'8 luglio 2014 abbiamo guardato con tristezza e rabbia, come le morti dei bambini siano aumentate, come la marmaglia razzista abbia imperversato, come la paura delle persone in tutto Israele e in Palestina abbia raggiunto livelli insopportabili, e la punizione collettiva del popolo palestinese sia stata intensificata.

Solo negli ultimi giorni, decine di palestinesi – con nessun posto dove nascondersi – sono stati uccisi, mentre l'intera popolazione di Gaza vive terrorizzata dal diffondersi dei bombardamenti. Gli israeliani hanno dovuto sopportare la paura di non sapere quando o dove il prossimo razzo cadrà.

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Resoconto del viaggio nella Striscia di Gaza

26 Giugno 2014 – 6 Luglio 2014

Arrivo a Gerusalemme alle 23.00 dopo una giornata passata tra aeroporti e voli e trovo una città deserta. Negozi chiusi e solo un ristorante tra la Porta di Giaffa e la Porta Nuova è aperto. Gerusalemme Est è già off limits. Pattuglie di soldati e della sicurezza israeliana si muovono per le strade. Ho davanti una decina di giorni da passare in Palestina. Da Nablus mi dicono che la situazione è molto difficile, gli spostamenti da Gerusalemme sono lunghi e difficili. Il giorno dopo il mio arrivo parto per Erez per entrare nella prigione più grande al mondo: la Striscia di Gaza. Dal 12 giugno, giorno della sparizione dei tre coloni, si sono intensificati i bombardamenti sulla Striscia di Gaza mentre la Cisgiordania è sotto rastrellamento. L’accesso alla prigione di Gaza è come al solito sotto l’attento controllo israeliano. Sembra una giornata tranquilla, calda e umida, ma tranquilla. Arrivo alla solita sistemazione messa a disposizione da uno dei nostri partner a Gaza, l’associazione Medical Relief. Nelle prime ore del pomeriggio del mio primo giorno a Gaza, sento un forte boato: hanno assassinato due resistenti, Osama e Mohammed, mentre erano in macchina e attraversavano il campo profughi di Shati. Un drone, con grande precisione, ha colpito la macchina senza lasciare scampo ai due ragazzi. Vado sul posto e trovo tanti palestinesi attorno a quello che è rimasto della macchina; i corpi martoriati sono già stati portati all’obitorio dello Shifa Hospital. Con un passaggio di fortuna, mi sposto allo Shifa dove incontro i padri e fratelli dei due ragazzi assassinati; è qui che grazie all’aiuto di un amico palestinese che fa da traduttore, parlo con i parenti di Osama e Mohammed. Sono stanca di pubblicare e far girare foto di martiri, corpi di bambini e donne straziati, chiedo che si faccia conoscere il volto dei ragazzi in un momento di vita, anche se sono consapevole che quei corpi martoriati dentro la cella sono l’immagine della loro quotidianità.

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Da Aleppo, j'accuse

19 maggio 2014

Crimini di guerra e crimini contro l'umanità

 

3 milioni di abitanti civili di Aleppo, indipendentemente dalla loro religione o opinioni politiche, sono tenuti in ostaggio da due anni e sono le vittime di crimini di guerra e crimini contro l'umanità.

1-    Blocco totale della città sia rispetto alle persone che alle merci, ripetuto molte volte, il più lung è durato sei settimane: ciò ha comportato ogni volta una grave carenza di beni essenziali come ortaggi, frutta, benzina, carburante, medicine, carne, ecc .

 2 - Totale taglio dell’energia elettrica, da un paio di giorni fino a 11 giorni.

 3 - Arresto completo della fornitura di acqua da 2 fino a 11 giorni.

 4 - Tagli ripetuti delle comunicazioni per telefono e di internet, sia locali che internazionali, da un paio di giorni fino a 20 giorni consecutivi.

 5 - Bombardamenti quotidiani di zone abitate, con bombe o colpi di mortaio che lasciano molti morti e feriti.

 6 - Tiri di cecchini sui pedoni innocenti.

 7 - La distruzione sistematica del patrimonio archeologico e culturale.

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Elezioni in Siria del 3 giugno 2014

Affluenza 73,42%

Candidati

Bashar al Assad

Hassan al-Nouri

Maher Hajjar

Partiti

Ba'ath

NIACS

Independente

Voti

10,319,723

500,279

372,301

Percentuale

 88.7%

4.3%

3.2%

 

Il 3 giugno 2014 si sono tenute le elezioni presidenziali in Siria il 3 giugno 2014.

Come risultato della guerra in corso, la Siria ha la popolazione di rifugiati più grande al mondo, e il voto per i rifugiati in alcuni paesi stranieri è iniziato nelle ambasciate siriane alcuni giorni prima della votazione in Siria stessa.

C'erano osservatori provenienti da più di 30 paesi, tra cui Bolivia, Brasile, Pakistan, Canada, Stati Uniti, Cuba, Ecuador, India, Iran, Iraq, Nicaragua, Russia, Sud Africa e Venezuela. Le delegazioni in visita, venute su richiesta della Siria, includevano parlamentari, politici, giornalisti, media, intellettuali e figure della società civile, oltre a sostenitori della pace e attivisti indipendenti.

Al termine hanno rilasciato una dichiarazione dicendo che le elezioni sono state " libere, eque e trasparenti". Il Consiglio di cooperazione del Golfo, l'Unione europea e gli Stati Uniti, non le hanno riconosciute definendole come illegittime.

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